Costo alimentare e costo operativo: che fare?

foraggiata

Anche la zootecnia da latte è entrata in una crisi rilevante e dalle prospettive incerte a causa di Covid-19. Dopo aver esaurito le invettive, proviamo a darci da fare per davvero, per attenuare così gli effetti economici della situazione che si è creata.

Che cosa possiamo fare?

E’ un dato di fatto che la maggior parte delle aziende non disponga ancora di un buon sistema di misura della redditività aziendale, magari ripartito per rami d’azienda.

La disponibilità dei dati di incidenza delle diverse aree di costo sul litro di latte prodotto consente di sviluppare confronti ed analisi estremamente interessanti. Così come consente di individuare le criticità a cui porre mano.

Un minimo di teoria ora ci vuole.

Definiamo intanto i Costi Operativi – OPEX in sigla – come l’insieme dei costi legati alla gestione ordinaria e quotidiana della stalla (acquisto di beni e servizi, manutenzioni, utenze, gasolio, manodopera, professionisti, ecc).

Altri costi (ammortamenti, mutui, affitti, beneficio fondiario, ecc) fanno invece parte dei Costi del Capitale – CAPEX in sigla – e rappresentano, a vario titolo, i costi legati  ad immobilizzazioni.

In un’azienda di vacche da latte la spesa alimentare, comprendente il valore di tutti gli alimenti forniti al bestiame presente (fieni, insilati, concentrati, integratori, latte in polvere, ecc), siano essi prodotti internamente e valutati al prezzo di mercato o acquistati dall’esterno, rappresenta circa il 65-70% del totale degli Opex. La manodopera incide per circa il 15-20% e l’insieme degli altri costi per la restante quota.

Il peso del costo alimentare sul totale dei Costi Operativi, è così alto da essere determinante sul totale stesso degli Opex. E’ quasi impossibile avere un basso livello di Opex se non si controlla adeguatamente il costo alimentare. Mi riferisco sempre al costo unitario: qual’è il costo alimentare globale (vacche in latte + asciutta + rimonta +vitelle) per ogni litro di latte che l’azienda produce e vende?

In altre parole, per tenere sotto controllo il costo di produzione nella realtà quotidiana di ciascuna azienda, il costo alimentare è la madre di tutte le battaglie. Se si “sbaglia” questo dato, non esistono modalità di risparmio in altre aree di costo tali da poter recuperare un eccessivo livello di spesa alimentare.

E’ impossibile, ad esempio, ottenere un costo operativo di produzione di 40 centesimi/litro di latte se il costo alimentare è di 30 centesimi/litro di latte.

Si registra peraltro un’incredibile variabilità di questo dato tra le aziende. Tali variazioni non sono giustificate dal livello produttivo della mandria, dalla semplicità di preparazione dei carri o da altri fattori, la variazione è quasi sempre legata all’impostazione alimentare ed ai prezzi di acquisto degli alimenti.

Dato che di questi tempi, il linguaggio mutua tanti termini di ambito militare (guerra, battaglia, al fronte, in prima linea, il bazooka), credo sia giunto il momento di ingaggiare una guerra santa nei confronti dei costi di produzione.

Del resto, quelli bravi a parlare dicono che ogni crisi nasconde delle opportunità. Chi sa mai che Covid-19, assieme a tanta devastazione, dia la spinta affinché le nostra aziende siano più efficienti e sostenibili.

Arrigo Milanesi

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