I conti delle aziende zootecniche sono messi a dura prova dalle condizioni di mercato in cui si trovano ad operare in questo momento e, probabilmente, per un po’ di tempo ancora.
Acquistare materie prime, attrezzi, energia, macchinari sembra diventata un’attività impraticabile; da cui peraltro non si può prescindere.
Consegnare il latte è spesso un’attività che genera frustrazione. Il latte spot farebbe sognare traguardi mai visti, tali da far passare il mal di testa che viene quando si è in fase di acquisto. Il sogno evapora malamente sugli scogli di un magro prezzo del latte reale pagato alle aziende. In molti si chiedono come si possa reggere una situazione da tempesta perfetta, come è l’attuale.
Quali sono i bandoli della matassa da dipanare?
Si potrebbero fare molte riflessioni già a partire dal fatto che, pur in una situazione di estrema criticità sul fronte del reddito che le aziende sono in grado di produrre (sono?), non si percepisca una significativa correzione di rotta sulla modalità di analizzare con un bilancio i propri dati.
La storia economica insegna che l’analisi dei propri dati economici è la via maestra da seguire per affrontare i problemi di reddito.
Dunque se pur non costa nulla immaginare che, di colpo, per decreto, il prezzo del latte faccia un balzo in avanti (eh già, era proprio un sogno anche stavolta!), ci si sveglia più delusi di prima e, non c’è via di scampo, occorre imbracciare il proprio bilancio e da lì ripartire. Non esiste una strada diversa da quella. Si tratta di un lavoro paziente da svolgere su due fronti: i propri costi e la propria modalità di gestione.
Le note che seguono sono pertanto dedicate a coloro che, pur masticando amaro, hanno deciso di percorrere la strada che ogni imprenditore deve percorrere: analizzare la struttura dei propri costi e dei propri ricavi.
Nessuno, a maggior ragione se solo, ha la capacità di modificare i connotati del mercato. Il prezzo del latte in vendita o il prezzo di diversi beni che sono acquistati, non sono modificabili dalla singola azienda. La singola azienda può decidere quali tipologie di prodotti acquistare, presso chi acquistare, a quale prezzo acquistare. Non si tratta di discorsi fumosi: si tratta di decidere l’acquisto degli alimenti (che costituiscono il 60% dei costi operativi), dei detergenti e disinfettanti, dell’energia, del seme, dei farmaci, ecc.
In una recente elaborazione di bilanci è emerso, ancora una volta, una grande variabilità di risultati in termini di incidenza di costo sul litro di latte consegnato.
Se dividiamo i costi operativi in tre macrocategorie – Alimenti, Manodopera ed Altri Costi Operativi- emergono dati significativi perfino su quest’ultima categoria che raggruppa una serie di costi su cui tendiamo a non operare. Come se fossero non modificabili. La differenza tra le aziende, per questo raggruppamento di costi, è dell’ordine di alcuni centesimi al litro. Precisamente da 4.0 a 10,2 centesimi/litro; la media è 6,7 centesimi/litro.
Abbiamo il potere di chi consuma: anche noi siamo consumatori di beni e di servizi. Utilizziamolo al meglio, questo potere di cui disponiamo. Nessun acquisto è scontato, né nella tipologia, né nelle quantità né nel prezzo.
Nessuno possiede la bacchetta magica per cambiare i tempi in cui operiamo. Ed onestamente dubito molto di chi propone soluzioni facili. Qualcuno si è via via dotato di un metodo di gestione della propria attività che è del tutto simile a ciò che i migliori imprenditori di altri settori, che chiamiamo industriali, applicano nel loro segmento specifico: controllo di gestione e decisioni!
Per qualcuno l’elmetto è un oggetto indispensabile per proteggersi da danni certi; per altri l‘elmetto è uno strumento necessario di precauzione.
A quale categoria apparteniamo?