I dati costano, le informazioni hanno valore
Nella maggior parte delle aziende si vanno moltiplicando i sistemi di rilevazione automatica dei dati. Non si tratta ormai della sola rilevazione della produzione di latte per ciascuna mungitura; della rilevazione dell’attività e, dunque, dei possibili calori degli animali; della misura delle pesate del carro unifeed e della misura delle temperature. Con grande velocità si diffondono una serie di attrezzature che, date anche le opportunità offerte della cosiddetta Agricoltura 4.0, rilevano e trasmettono una quantità formidabile di dati.
Il nostro settore, salvo situazioni particolari, è dunque passato da un’endemica scarsità di dati ad una vera e propria indigestione di dati. Ed il processo non è certamente terminato. Nei prossimi mesi ed anni possiamo immaginare che ogni nuova attrezzatura sarà in grado di rilevare dati e che molti di questi potranno essere archiviati.
Se pure molti dati sono raccolti in automatico, non v’è dubbio che il sistema abbia un costo. Anzitutto per l’acquisto del sistema di rilevazione del dato stesso. Due sale di mungitura, con o senza un sistema di rilevazione di dati, hanno costi di acquisto molto diversi, hanno manutenzioni diverse ed hanno necessità di sostituzioni diverse. I dati devono poi essere immagazzinati, qualcuno li deve guardare e deve dedicare del tempo per fare qualche ragionamento. Il ragionamento sottintende sempre un confronto con altri casi già visti o con medie della propria stalla o di altre stalle.
Il problema che stiamo sperimentando, e con il quale sempre più ci dovremo confrontare, è legato all’aiuto che i sistemi automatici ci possono offrire per elaborare i dati raccolti, per processarli e per offrirci analisi già ben indirizzate. Si tratta in sostanza di passare dai dati alle informazioni. Già oggi alcuni sistemi offrono un buon livello di analisi. Con la rapida evoluzione a cui stiamo assistendo si pone tuttavia il problema della integrazione dei dati raccolti dai diversi strumenti e della loro elaborazione. Se così non fosse possiamo immaginare che nelle aziende il titolare, o chi per esso, dovrà dedicare una fetta rilevante del proprio tempo ad intersecare di persona i vari dati raccolti e le varie informazioni elaborate dai diversi sistemi. Per fare un esempio, già oggi ci si trova a consultare un software per i dati di stalla, un altro per i dati alimentari (carichi e scarichi del carro unifeed) ed un altro per le analisi economiche. La sintesi tra tutti questi dati, al fine di prendere le migliori decisioni, è oggi sostanzialmente a carico del titolare.
Banalmente, come facciamo a definire quale sia la vacca più redditizia? O meglio quale sia la vacca meno redditizia in modo da poterla eliminare. In sostanza oggi utilizziamo criteri empirici e ampiamente soggettivi. Alcune aziende smettono di fecondare le vacche che hanno più di 200 giorni di lattazione e che non siano già gravide. E’ palese che si tratti di un criterio che non distingue alcunché circa il valore economico degli stessi. Certamente ci sono animali che, dato il loro contributo al reddito, meritano di essere fecondati anche a 300 giorni, ed altri su cui a 150 giorni varrebbe la pena di non insistere.
Facciamo questo mestiere per business, in aggiunta alla passione. E se di business parliamo, abbiamo un bisogno assoluto di informazioni ed analisi economiche anche dei dettagli della nostra attività, poiché ogni scelta impatta sul nostro reddito.
Arrigo Milanesi