Le fondamenta su cui poggia un’impresa che non sia una ONLUS è la sua capacità di generare reddito. Raggiungerlo è condizione necessaria alla sua sopravvivenza, misurarlo deve essere una sua priorità: lo può fare attraverso lo strumento del conto economico.
Se guardiamo però solamente al traguardo, rischiamo di inciampare nelle buche della strada che ci porta ad esso. Se il conto economico risponde alla domanda “la nostra attività è in grado di produrre reddito?”, ci occorre uno strumento che ci dica anche se la nostra attività è in grado di produrre liquidità.
I costi ed i ricavi si possono generare in tempi e modi diversi dalle relative uscite ed entrate. I primi si manifestano tipicamente con una fattura; i secondi con un addebito o un accredito sul nostro conto corrente. Va da sé che questi due eventi non sono praticamente mai sincronizzati, ma avvengono a distanza di giorni, settimane o mesi. A volte, ed è il caso della variazione di inventario degli animali presenti, addirittura le due cose contrastano.
In generale, il conto economico potrebbe anche dirci che stiamo producendo un utile importante, ma senza il flusso di cassa non sappiamo se e quando lo potremo realmente toccare con mano.
Uno dei payoff che ci accompagna fin dall’inizio del nostro viaggio nella consulenza è “la cultura del conto economico”, che, abbiamo imparato, rappresenta il primo passo. Sappiamo anche, come dice il saggio, che questo primo passo non ci porterà a destinazione, servirà solamente a spostarci da dove siamo. Ed è già tanto, ma ora, giunti a questo punto, occorre fare il secondo. Siamo pronti?