Per chi suona la campana
Tra colleghi non è infrequente discutere circa i motivi per i quali un numero troppo elevato di aziende, che pure dedicano molto impegno e passione al proprio lavoro, non raccoglie i risultati economici di tanta dedizione.
Ci capita, non di rado, di chiederci per quali motivi non sia evidente la miglior strada da imboccare a chi gestisce la propria azienda. Visti con gli occhi di un esterno, le soluzioni dei problemi appaiono meno oscure rispetto a chi ci vive ogni giorno. Qualcuno di noi si chiede cosa impedisca ad ogni imprenditore agricolo di sviluppare una disamina logica delle criticità economiche ed organizzative di casa propria e di porvi rimedio. Capita anche di vedere come alcuni imprenditori, imboccata la strada giusta, quasi magicamente riescano ad azzeccare le mosse successive in modo continuativo. Anche il contrario, purtroppo.
Ho assistito recentemente ad alcune discussioni che mi hanno fatto rabbrividire; grosso modo, il senso era “L’importante è riempire il tank del latte, poi i conti si sistemano”.
Per quanto ciò sia scoraggiante e soprattutto sciagurato, per chi la ritiene una verità, occorre prendere atto che questo modo di pensare è ben presente nel nostro mondo se non, anche, maggioritario.
Dunque la traversata del deserto è ancora lunga. Ma, ancora una volta, cosa impedisce alle aziende di fare un’analisi esaustiva delle proprie criticità, la quale costituisce sempre il primo passo per definire le soluzioni? In ogni campo, prima si sviluppa una diagnosi e poi si definisce una terapia.
In fondo penso che l’agricoltura non sia diversa da qualsiasi altro settore. Per quale motivo ci sono locali pubblici che vanno alla grande (non in questo periodo, purtroppo) pur non essendo ubicati in modo perfetto ed altri che, seppur con il grande vantaggio della posizione, vivacchiano?
Le persone che conducono fanno la differenza!
Oggi, un’azienda con 200 vacche, senza troppi annessi e connessi, ha ricavi per circa un milione di euro. Una cifra consistente, mi pare. Un’attività che necessita di un imprenditore avveduto, direi. Avveduto nel senso che abbia in mano tutti gli elementi di valutazione della propria attività, sia da un punto di vista tecnico – e qua di strada ne abbiamo fatta – sia da un punto di vista economico. In questo ambito dobbiamo constatare che la disponibilità in azienda di numeri che indichino i propri Opex, i Capex, il MOL, il break even, il costo di produzione del litro di latte, è una vera e propria rarità. Discettiamo del PR o della percentuale di amido o proteine della razione delle vacche, e non possediamo gli elementi di valutazione del nostro business.
Sapere se il nostro Opex è superiore a 40 centesimi/litro di latte o si avvicina a 35 fa tutta la differenza di questo mondo. Nel primo caso, non dobbiamo perdere un minuto ad intervenire. Sopra quella soglia, se dura troppo, non c’è vita.
Credo di trovare facile riscontro dicendo che tutti o quasi condividono l’urgenza di tali informazioni. Si pensa spesso, tuttavia, con un gesto di grande umanità, che si stia parlando del proprio vicino o conoscente. Lui si, ne avrebbe bisogno.
Credo ora che sarebbe il caso di usare una buona dose di sano egoismo: la campana suona per ciascuno di noi, non per altri. A ciascuno di noi tocca fare i conti a casa propria.
Arrigo Milanesi