La congiuntura che stiamo vivendo porta con sé una serie di elementi la cui disamina è emblematica del crocevia che stiamo affrontando come settore zootecnico.
L’abbinamento di bassi prezzi del latte e costi altissimi per l’acquisto delle materie prime e dei concentrati costituisce un mix esplosivo in grado di mettere fuori combattimento molte aziende. Né possono essere prese in seria considerazione alcune proposte di nuovi mix di concentrati dal prezzo, se non basso, certamente più abbordabile. Se la cosa fosse seria, c’è da chiedersi perché non venisse praticata in precedenza.
Ma tant’è…
E’ già successo in passato di vivere periodi in cui il prezzo del latte era particolarmente basso: pensiamo alla primavera del 2016. E’ successo di avere annate nei quali i prezzi di acquisto di mais, soia ecc… fossero alti. A memoria, non ricordo un periodo in cui fossero stati alti i prezzi di tutte le materie prime e, contemporaneamente, che il prezzo del latte fosse basso. Questa condizione che stiamo attraversando ci deve portare a considerare che non esistono porti sicuri o condizioni di mercato che possiamo escludere. Tanto per cambiare, un’altra certezza su cui potevamo contare (costi alimentari alti=prezzo del latte alto), è venuta meno. Per tutelarsi da questa situazione, oggi la parola magica è diventata “contratto”. Chi ha il contratto per la fornitura di materie prime e chi non ce l’ha. Oggi vengono proposti contratti in cui, con ogni probabilità, oltre al prezzo di acquisto, è spesso garantito anche che l’azienda non chiuda i propri conti.
Il punto, mi pare, che sia nel disporre di una valutazione dei propri costi, ben sezionati, attraverso i quali decidere quale prezzo di acquisto sia sopportabile per la propria impresa. Non è dunque una questione di fissare un prezzo, quanto di sapere quale sia il prezzo a cui è utile per la propria azienda stipulare un contratto di fornitura. Senza un serio lavoro sui propri costi, la stipula di contratti di fornitura, spinti da evoluzioni di mercato fuori controllo, e dal panico che questo genera, ci potrebbe spingere a decisioni inopportune se non deleterie. Se, ad esempio, il costo alimentare è attorno a 30 centesimi per ogni litro di latte consegnato, significa che il contratto di acquisto non risolve i costi alimentari alti. Significa invece che è l’impostazione alimentare nel suo complesso, a dover essere analizzata con molta attenzione. Se le difficoltà che attraversiamo non ci inducono ad acuire la nostra intelligenza imprenditoriale, sprechiamo l’unico elemento positivo di questa situazione così negativa: imparare dai nostri errori.
Il vocabolario dice che idiota è colui che rivela una sconcertante stupidità. In dialetto si dice bonariamente: “fa no el stupid”.
Dichiaro che, ovviamente, non è mia intenzione offendere nessuno. La mia intenzione è semplicemente quella di stimolare un pensiero nuovo in termini di gestione economica dell’impresa zootecnica che le evoluzioni di mercato, con ogni probabilità, premieranno negli anni a venire.
Arrigo Milanesi